Ballo sul Cistella

Un ballo sul Cistella ( Tratto dal libro: Novelle e Leggende Ossolane di Adolfo da Pontemalio del 1926)

Le otto e mezzo erano già suonate e la vecchia Luisa non era ancora venuta a scaldarsi alla stufa.

─ Certo non verrà più, ieri sera ha parlato e riso troppo, ora si rifarà dormendo - Aveva sentenziato gravemente la Berta, mentre faceva girare l'aspo. Ed io, quasi per confermare la sentenza, mi ero sdraiato sulla panca, occupando il mio posto e quello della Luisa. Ma non avevo fatto tempo ad accomodarmi per benino che di fuori si sentì un passo.

- É la Luisa, dico io alzandomi. Infatti un secondo dopo la porta si apriva, lasciando vedere la faccia incartapecorita della buona vecchia tutta infagottata in uno scialle tarlato color caffe-latte.

─ Buona sera Luisa, come va che avete fatto così tardi,

─ Se sapeste!

─ Cosa c'è? Cosa c'è?

─ Se sapeste!

─ Ma cosa c'è stato? Parlate!

─ É inutile, era troppo nero, e poi con quei due occhi di fuoco, no, no quello non era un gatto.

─ Ma spiegatevi, Luisa, noi non vi comprendiamo.

─ Guardate! guardate! - Cosi dicendo lasciò cadere indignata un fagotto di stoppa tutta ingarbugliata e sporca.

─ Guardate che roba e dire che erano tante roccate già preparate e cosi belle che sembravano di seta!

─ Cosa volete, ci sarà stato qualche topo senza materasso ed ha pensato bene di procurarsene uno – 0ssservò la Berta,

ridendo sgangheratamente.

─ E si, i topi.... i topi!....

─ E cosa volete che sia stato se non i topi?

─ Già voi siete giovani, certe cose non le capite; ma io che ho sulle spalle molti carnevali, io le comprendo benissimo: sono

state le streghe altro che i topi! Nessuno me lo leva di testa che quel gattaccio più nero del diavolo che ho visto uscire dalla

finestra della mia stanza era... e sussurrò un nome in un orecchio a mia mamma.

Poi raccolse la stoppa e continuò: Sicuro, voi siete giovani e molte cose non le capite; ma io!... ma io le comprendo al volo;

perchè la gente venduta a Bargnif l’ho vista.

─ Come, avete visto la gente venduta a Bargnif?

─ Eh se l'ho vista.... purtroppo! State a sentire:Una sera d'inverno ero sola sola su nei Cantoni (frazione di Crodo).

Per la campagna intorno regnava un profondo silenzio, che a quei tempi non esistevano ancora le superbe centrali di Verampio

e Crego che ronzano continuamente come enormi calabroni giorno e notte.
Appena terminato di far cura alle bestie m'ero chiusa in casa. Ma nonostante tutta la calma della natura circostante io ero assai

agitata; presagivo che qualche cosa mi doveva accadere. Verso le nove comincio infatti a sentire uno strano rumore su verso l'Antolina.
Smetto di filare per assicurarmi meglio; il rumore aumenta: sono sibili, grida, canti, suoni strani e misteriosi.
Potete 'capire che spavento; il mio cuore era diventato un martello.
Ad un tratto sento un pandemonio giù nella stalla.
Ero ben sicura d'aver chiuso l'uscio a chiave e sapevo anche che il catenaccio era assai resistente; ma pure qualche diavolo

doveva essere entrato a fare l'inferno la dentro. Mi segno, recito una ciaculatoria, prendo, come si dice, il coraggio a due mani e

faccio uno spiraglio negli scuri della finestra, coll'intenzione di gridare, di invocare aiuto, quantunque mi si soffocasse la voce in gola.

Gesumaria! Il Cistella, che veglia sempre sui fratelli minori, era illuminato da cima a fondo da una striscia di luce verdastra e in mezzo

a quella luce salivano, come per incanto, strane coppie cornute, che appena raggiunta la cima, date le lunghe chiome al vento e

alla luna intrecciavano le loro danze diaboliche sul bianco tappeto di neve.
La luce scomparve e più nulla vidi. Spaventata e stanca, mi buttai sul letto; ma non mi fu possibile chiudere un occhio in tutta la notte.
Verso le quattro del mattino, dopo aver pregato per i poveri morti, tutta tremante riaprii gli scuri della finestra.

Il Cistella era avvolto fin giù verso Gaiola da un'uggiosa nebbia; per cui nulla si poteva scorgere di quanto avveniva sulla vasta cupola del Diei.

Ma sul far dell'alba, quando le campane di Mozzio seguite tosto da quelle di Viceno, Crodo, Cravegna e Baceno, cominciarono far eccheggiare in fondo la valle le voci melodiose dell'ave-maria mattutina, la nebbia si dileguo e dal Corno del CisteIla, da cui partono d'estate i nuvoloni carichi di tempesta e i tafani tormentosi che fanno diventar matte le bestie al pascolo, rotolarono giù per i burroni con gran frastuono e capri e satiri e vampiri e incubi e gatta...
Il gran, ballo era finito ed io la gcci neri neri, come quello.ente venduta a Bargnif l'avevo proprio veduta e conosciuta come vedo e conosco voi.
II vecchio orologio a pendolo martellava lentamente le undici; anche per la buona Luisa la gran chiaccherata era finita, ma la stoppa rimaneva ingarbugliata nel fagotto.